L’ex presidente dell’Itavia Aldo Davanzali muore all’età di 83 anni. Si può ben dire che la sua vita sia stata spezzata dalla tragedia di Ustica e dal “conseguente” fallimento della compagnia Itavia.
Il DC-9 Itavia, inabissatosi in mare con 81 passeggeri a bordo la notte del 27 giugno 1980, faceva parte della sua compagnia e dopo la strage fu ingiustamente accusato di aver armato una “bara volante”: così vide crollare la sua attività imprenditoriale. Davanzali però non si arrese mai alla tesi del cedimento strutturale dell’aereo e si batté per anni perché fosse resa giustizia alla sua reputazione e alla sua compagnia. Le conclusioni del giudice Priore gli hanno dato ragione. In seguito, Davanzali ha intrapreso cause, per avere dallo Stato un risarcimento per danni materiali e morali, che avranno esito positivo.
“Era un uomo di straordinaria intelligenza, inventiva e tenacia – dice il suo legale Scaloni – non si arrendeva mai e ha sempre creduto che un giorno avrebbe ottenuto giustizia”. L’industriale lascia due figlie. “Mio padre si ammalò subito dopo Ustica. Era rimasto un uomo solo, senza lavoro. Era un imprenditore importante ad Ancona. In un momento tutti gli hanno voltato le spalle, anche le banche. Ha perso ogni cosa”.
Al termine di uno “sbrigativo” processo d’appello, il pm Maria Monteleone, concludendo la sua requisitoria, si rivolge alla Corte d’Assise di Appello di Roma affermando: “Il disastro aereo di Ustica ha rappresentato uno degli episodi più tragici, dolorosi e vergognosi del nostro Paese per l’incredibile serie di depistaggi, boicottaggi e menzogne”. Ed ha espresso a nome della Procura “forte rammarico perché non è stato identificato il nome dei diretti responsabili dell’abbattimento del DC-9, mandanti ed esecutori, anche se si spera sempre che in ogni momento sia possibile farlo. Nessuno intende rassegnarsi a lasciare impunito un delitto simile”. Poi, parlando degli imputati Bartolucci e Ferri, per i quali è stata chiesta una condanna a sei anni e nove mesi di reclusione (di cui quattro anni condonati) per attentato agli organi costituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento, il magistrato ha detto: “Non sappiamo perché hanno voluto impedire l’esercizio delle attribuzioni del Governo. Forse pensavano al mantenimento degli equilibri militari tra forze alleate, forse non intendevano compromettere la credibilità dell’Aeronautica militare, forse volevano salvaguardare la propria e l’altrui carriera. Forse la verità sta nella sintesi di tutte queste motivazioni. Di certo c’è che il fine di una ipotetica ragion di Stato non può trovare giustificazione nella serie di reticenze, omertà e distruzioni di prove, quando l’uso di tale fine implica l’impedimento della verità sulla morte di 81 persone”.
La Prima Corte d’Assise di Appello di Roma, presieduta da Antonio Cappiello, assolve l’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica generale Lamberto Bartolucci e il suo vice Franco Ferri ritenendo che i fatti contestati non sussistano.
A Roma il mondo della politica si interroga sulla strage di Ustica indicando nel conseguimento della verità l’unico modo per difendere la dignità di un Paese che ha visto i suoi confini violati.